CENNI STORICI

Da “Casa Vaaz” a “Casale San Michele”….. oggi “Sammichele di Bari”

La Torre Centuriona dominava la  zona delle Quattro Miglia, baricentrica rispetto ai quattro comuni limitrofi di Casamassima, Acquaviva delle Fonti, Gioia del Colle e Turi, zona costituita da  boschi e ricca di selvaggina. La Torre, probabilmente di origine normanna, nel 1504 diventò di proprietà di Heronimo Centurione, al quale si riferisce il nome, banchiere genovese esercitante a Bari che, probabilmente, la acquistò dagli Acquaviva D’Aragona, signori di Conversano, per debiti non pagati. Vicino alla torre vi era la cappella “della Maddalena”, che il Centurione fece ristrutturare e riaprire al culto, attualmente una delle chiese presenti sul territorio comunale ancora visitabile.
A lui quasi certamente si attribuisce la lapide raffigurante lo stemma nobiliare, posta nei pressi dell’ingresso dell’attuale Castello Caracciolo, sulla parete della Maddalena, sotto la quale si legge: “HERONIMO CENTURIONE SIGNORE DI QUESTO TOTO TERRITORIO PALAZZO NOMINE LA CENTURIONA VOLE CHE SI CELEBRA UNA MESSA IN QUESTA CAPPELLA DE SANTA MARIA MADDALENA OGNI GIORNO FESTIVO. LA PISSIMA CONTENE LA CENTURIONA“.

“Heronimo Centurione signore di tutto questo territorio (e del) palazzo chiamato La Centuriona vuole che si celebri una messa in questa cappella di Santa Maria Maddalena ogni giorno festivo. La Piissima protegge la Centuriona”.

Nel XVII fu fondato il primo nucleo abitativo dal feudatario ebreo di origine portoghese Michele Vaaz che, il 20 dicembre 1609, acquistò dal Fisco il feudo di Casamassima con l’annesso territorio che fu del Centurione. Nel 1615 circa egli fece costruire attorno al Castello Centurione 87 “vignali” (caratteristiche abitazioni costituita da un monolocale in pietra con volta a botte, imbiancato a calce e ornato da una vite sull’uscio) e li fece abitare da una comunità di Serbi, accompagnata dal sacerdote ortodosso Damiano De Damianis, fatta arrivare con la sua flotta di galeoni.

Il 6 luglio 1615 una delegazione guidata dal sacerdote di rito ortodosso Damiano de Damianiis giunse a Napoli per sottoscrivere l’atto di fondazione di “Casa Vaaz” rogato dal notaio Gian Vincenzo de Troianis. Il contratto prevedeva, tra l’altro, l’obbligo da parte del conte di edificare 87 abitazioni attorno al palazzo appartenuto al banchiere Centurione; in cambio il Vaaz rivendicava la nomina del sindaco e di tre consiglieri sulla base dei nomi dei propri rappresentanti proposti dai serbi e obbligava la comunità a convertirsi al rito cattolico.
Nel 1617 pare, però, che l’Arciprete di Casamassima ottenne che i Serbi fossero rimandati nella loro patria perché non avevano rispettato la clausola del contratto che prevedeva l’obbligo di osservare i riti cattolici (sembrerebbe, infatti, che i bambini fatti battezzare a Casamassima col rito cattolico venissero ribattezzati in casa col rito ortodosso).
Nel 1619 il paese fu ripopolato con famiglie di boscaioli e contadini provenienti dai paesi limitrofi e i nuovi abitanti elessero un proprio sindaco. Il 14 luglio 1619 ad Acquaviva delle Fonti fu stipulato un nuovo contratto con il conte, nel quale fu chiesto di assegnare alla zona il nome di “Casal San Michele”.

Fu eletto sindaco Leonardo Netti e il 24 aprile 1619 fu stipulato un nuovo contratto di fondazione del paese che fu chiamato Casale San Michele. In quegli anni il Conte si impegnò a costruire altre 13 case, portandone il numero complessivo a 10 e, chi avesse voluto edificarne altre, avrebbe dovuto corrispondergli una cifra di 5 carlini l’anno per il costo del suolo, per sempre.
Alla morte di Michele Vaaz gli successe il nipote Simone che però, a causa dei forti debiti, perse il feudo a favore di Antonio De Ponte, Consigliere della Regia Camera della Sommaria. Il possesso del feudo rimase ai De Ponte dal 1667 al 1794. Nel 1779 Giacomo De Ponte morì senza figli e il feudo di Casamassima, con Casale San Michele, passò  alla sorella Giuseppa, che sposò Nicola Caracciolo dei duchi di Vietri; alla sua morte il feudo fu ereditato dal figlio Domenico che assunse il titolo di Duca di Vietri, Casamassima e Casal San Michele.
Nei primi anni dell’Ottocento, per effetto delle leggi napoleoniche, i Caracciolo persero la maggior parte dei loro territori continuando però ad essere i proprietari di quella che era stata la torre Centuriona, ormai chiamata Castello Caracciolo. Il Casale di San Michele ebbe un forte sviluppo grazie alla costruzione della strada consolare Bari-Taranto, tale che la popolazione raggiunse presto i 3000 abitanti.

A seguito del riordino amministrativo del Regno di Napoli disposto con legge 8 agosto 1806 n. 132, furono istituite tredici province, a loro volta ripartite in distretti, nell’ambito dei quali furono collocate le università. Il nuovo “comune”, termine introdotto proprio con questa legge ancora in alternanza con la denominazione “università”, divenne il punto terminale di una struttura amministrativa centralizzata, sottoposto alla tutela degli intendenti provinciali, dipendenti a loro volta dal ministro dell’Interno. L’amministrazione del comune di Sammichele di Bari fu affidata a un sindaco titolare del potere esecutivo, a un “primo eletto” responsabile della polizia amministrativa, a un “secondo eletto” che assisteva il sindaco nelle sue funzioni e lo sostituiva in caso di assenza o di impedimento e al decurionato, organo in cui risiedeva la rappresentanza comunale e che era incaricato della nomina del sindaco, degli eletti, del cancelliere archiviario, del cassiere e di ogni altro agente o impiegato municipale.

Agli inizi del 1800 nuove abitazioni furono realizzate al di fuori del vecchio borgo, lungo le direttrici Casamassima-Gioia (Nord-Sud) e Turi-Acquaviva (Est-Ovest) e furono realizzate importanti opere pubbliche.

Con decreto del Regno di Napoli 4 maggio 1811 n. 922 il comune di Sammichele di Bari, allora denominato Casal San Michele, rientrò nel circondario di Turi, distretto di Bari, nell’ambito della provincia di Bari. Nel decreto del Regno delle due Sicilie 1 maggio 1816 n. 360 il comune, che contava allora 1975 abitanti, era annoverato con la stessa denominazione e circoscrizione amministrativa risultanti dal precedente decreto. L’operato degli organi amministrativi del comune di Sammichele di Bari fu sottoposto allo stretto controllo dell’intendente della provincia di Bari sotto gli ordini del ministro dell’Interno; con poteri più circoscritti, l’attività di vigilanza era esercitata anche dal sotto intendente del distretto di Bari.

Nel 1831 furono iniziati i lavori della nuova Chiesa, che venne inaugurata il 26 novembre 1873 e intitolata a Santa Maria del Carmine.

Dal 1812 abbiamo la documentazione ufficiale del Comune. Intorno al 1840 gli impiegati comunali iniziarono a prendere l’abitudine di scrivere sugli atti ufficiali prima Sanmichele e poi Sammichele; con l’Unità d’Italia il Comune assunse definitivamente il nome di Sammichele di Bari.

Con la legge comunale e provinciale 20 marzo 1865 n. 2248 (allegato A) il Regno d’Italia fu ripartito in province, circondari (già distretti), mandamenti (già circondari) e comuni. La stessa legge istituì presso ogni comune, quali organi rappresentativi e deliberativi sostitutivi del decurionato, un consiglio comunale e una giunta municipale che affiancarono il sindaco nell’amministrazione cittadina.

La nomina dei consiglieri comunali avveniva tramite il sistema elettivo mentre gli assessori erano eletti in seno al consiglio comunale. Il sindaco era scelto tra i consiglieri e la sua nomina avveniva per decreto reale; dopo l’approvazione del regio decreto 4 maggio 1898 n. 164 la sua elezione fu demandata al consiglio comunale. La vigilanza sull’operato degli organi del comune di Sammichele di Bari fu demandata al sottoprefetto del circondario di Bari sotto la direzione del prefetto della provincia di Bari, a sua volta dipendente dal ministro dell’Interno. In seguito all’adozione dell’ordinamento comunale fascista disposta, per i comuni con popolazione fino a 5000 abitanti, con legge 4 febbraio 1926 n. 237, estesa poi a tutti i comuni con legge 3 settembre 1926 n. 1910, il comune di Sammichele di Bari fu amministrato da un podestà di nomina regia. Con il crollo del fascismo e l’emanazione del regio decreto legge 4 aprile 1944 n. 111, presso il comune di Sammichele di Bari furono ripristinati gli organi del sindaco e della giunta riservandone la nomina al prefetto della provincia di Bari; ai sensi del decreto legislativo luogotenenziale 7 gennaio 1946 n. 1 si insediò anche il consiglio comunale e fu ristabilito il sistema elettivo e di nomina dei tre organi vigente prima del 1926.

Con decreto 4 gennaio 1963 n. 1196 il comune di Sammichele di Bari assunse la denominazione vigente: Sammichele di Bari.

Nel corso del Novecento furono inaugurate la linea telefonica (1901), quella elettrica (1924) e la prima fontana pubblica dell’Acquedotto Pugliese. Nel 1971 l’Amministrazione Comunale acquistò il Castello dai Caracciolo; nel 1968, su impulso del professor Vito Donato Bianco, nacque il Museo della Civiltà Contadina “Dino Bianco” che, nel 1974, con delibera dell’Amministrazione Comunale, fu ospitato nelle sale del Castello.